ESISTE UN DIO DEL MALE?
COS’È IL MALE? ESISTE IL MALE PURO, IL DIO DEL MALE?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo prendere le mosse dal pensiero di San Tommaso d’Aquino, il quale asseriva che il male è la mancanza di un bene dovuto (privatio boni). San Tommaso, nello specifico, distingueva due tipi di mali:
• il male come mancanza di un elemento naturale (male fisico – malum penae: il dolore, la morte, etc.);
• il male come mancanza di un ordine al proprio fine; un male – questo – che viene liberamente scelto da una creatura razionale (male morale che comporta la colpa – malum culpae).
Pur configurandosi entrambi come la mancanza di un bene dovuto, San Tommaso faceva derivare il primo (malum penae) dal secondo (malum culpae), che, essendo l’unico frutto di una libera scelta, è anche il più grave. Noi, per questo stesso motivo, procederemo considerando solo quest’ultimo.
Ma che significa, dunque, affermare che il male è la mancanza di un bene dovuto? Significa che il male viene a configurarsi come un’azione che non viene effettuata come avrebbe dovuto, e cioè “bene”. Da questo ne consegue che il male assoluto – il male puro – di per sé non esiste, perché il male – essendo la mancanza di un bene dovuto (che si sarebbe dovuto fare) – può determinarsi soltanto in relazione ad uno specifico essere.
Faccio un esempio. Commettere uno stupro è di certo un male (pochi, credo, potrebbero affermare il contrario), tuttavia il male che ne deriva, è un male che può “determinarsi” esclusivamente se c’è qualcuno disposto a compierlo: senza una persona disposta a commetterlo, il male non potrebbe esistere.
Il male non è un qualcosa capace di esistere autonomamente, in relazione a se stesso: per potersi “manifestare”, ha bisogno di qualcuno che sia disposto a compierlo. Ecco perché affermare che il diavolo è il male assoluto, non è esatto. Noi, nel nostro modo di vedere, siamo soliti identificare il male con il demonio: il demonio diventa quasi una personificazione del male. Tuttavia, anche il diavolo è una creatura che liberamente si fa “portatrice” del male, rimane solo uno dei mezzi attraverso il quale il male trova la sua possibilità di “esistere”.
Ma il male può esistere – può determinarsi e manifestarsi – anche attraverso un essere umano che decide di assecondare una tentazione, e questo a prescindere dall’azione del demonio. Ovviamente c’è da dire che il demonio – o se si preferisce, il diavolo – è un essere che ha orientato la sua volontà, in maniera assoluta e irreversibile, al male; questo, però, non fa del diavolo il “dio del male“, perché il concetto di dio presuppone un essere infinito, cosa – questa – che il diavolo non è.
Il diavolo è una creatura di Dio, e quindi un essere “finito”; per quanto possa degradarsi e per quanto male possa fare, non riuscirà mai a compiere un male infinito.
IL MALE E IL BENE SONO CONCETTI OGGETTIVI O SOGGETTIVI?
Possiamo dire che il male è un concetto oggettivo? Oppure lo dobbiamo identificare con un qualcosa di soggettivo, che varia al variare di chi lo giudica?
No. Il male è un concetto oggettivo: non è un qualcosa suscettibile di interpretazione. Il male è male, e non può diventare bene al variare di colui che lo prende in considerazione. Mi spiego. Se commettere un atto di cannibalismo è male, questa azione – vista con gli occhi di un’altra cultura che non considera il cannibalismo un male – non si trasforma in un bene. Il male rimane male, anche quando chi lo commette lo considera un bene: il male non può diventare un bene, per quanto la cultura moderna cerchi, col relativismo, di “confondere le acque”.
Affinché il male – come anche il bene – possano configurarsi come concetti oggettivi, tuttavia, c’è bisogno di un punto di riferimento stabile, di una linea di confine. Perché il male possa determinarsi in maniera oggettiva, c’è la necessità di un punto fermo che stabilisca in maniera netta ciò che è bene e ciò che è male, altrimenti ogni cosa a questo mondo perderebbe di senso.
Se commettere un omicidio non è male, allora perché non commetterlo, dal momento che potrei ricavarne un beneficio? Se stuprare una donna non è male, allora perché non stuprarla, se il desiderio di avere quella donna nella mia mente si configura come un bene? Per delle regole etiche di convivenza sociale!, potrebbe obiettare qualcuno. E perché mai dei pedofili – che sono convinti che avere dei rapporti sessuali con dei bambini sia un “bene” – dovrebbero assumere come metro di misura del loro agire morale ciò che altre persone hanno arbitrariamente configurato come un “male”?
Se non c’è un “garante finale” ad assicurare una linea di confine immutabile tra il male e il bene, tutto diventa arbitrario e suscettibile di interpretazione, tutto diventa “soggettivo”, e il male e il bene si tramutano in concetti privi di senso.
Dio solo è il garante ultimo. Dio solo – che è infinito amore e infinito bene – può fungere da metro di misura nel determinare “oggettivamente” ciò che è bene e ciò che è male. Dio è la verità, Dio è la giustizia dopo la morte, Dio rappresenta il punto fermo – immutabile – senza il quale tutto diventerebbe soggettivo.
Quando noi moriremo e saremo giudicati da Dio, potremo star certi che il suo giudizio sarà un giudizio perfetto, non suscettibile né di interpretazioni, né di opinioni soggettive. Dio che è infinita giustizia, è colui in forza del quale il bene – e quindi anche il male – si determinano in maniera “oggettiva”.
SENZA DIO, NON C’È NÉ MALE NÉ BENE
Certo, per poter accettare questo ragionamento, bisogna fare ricorso al concetto di Dio, è vero, ma non c’è alternativa. Il dio al quale bisogna fare riferimento, tuttavia, non è necessariamente il Dio “teologico”, proprio dell’esperienza religiosa. Affinché tutto il discorso fatto fin qui possa funzionare, basta accettare l’esistenza di un dio inteso come un essere onnipotente e infinito – un concetto di Dio, questo, che potremmo definire “filosofico”, e che anche un ateo, con l’ausilio della ragione, potrebbe prendere in considerazione.
Del resto, una brava persona che non credesse nell’esistenza di Dio – di un Dio che alla fine della vita darebbe a ciascuno secondo il proprio operato – potrebbe sicuramente fare il “bene”, ma fino a che punto?
Fino a quando una “brava persona” potrebbe fare il bene sapendo che comunque il bene che sta facendo è un qualcosa di soggettivo, che per lui è bene, ma che per altri non è detto che lo sia? Fino a quando?! Fino alla morte? E che senso avrebbe fare il bene fino alla morte, magari accettando un grave torto da qualcun altro, con la consapevolezza che quel bene estremo che si sta compiendo non servirà a nulla, perché tanto dopo la morte non interverrà nessuno a ristabilire un torto subito e a dare una ricompensa per il bene fatto? Fino a che punto una “brava persona” potrebbe spingersi nel praticare il bene (un bene etico), sapendo che il bene che lui compie non produrrà nessuna ricompensa, non porterà a nessuna retribuzione, a nessun atto di giustizia? È conveniente, è pensabile subire un torto, un male – nell’intento di perseguire un bene – sapendo che non c’è nessuna giustizia finale a riequilibrare quel torto? E se anche qualcuno fosse disposto a farsi uccidere per perseguire un bene, senza riconoscere l’esistenza di un Dio che è infinita e perfetta giustizia (fosse pure dopo la morte), che senso avrebbe sacrificare la propria vita?
Senza un Dio come garante finale di una giustizia assoluta e perfetta; senza un Dio come punto fermo, in grado di determinare ciò che è bene e ciò che è male senza possibilità di “interpretazioni”, tutto diventa relativo e soggettivo: il mondo e l’universo verrebbero ad essere governati dal caos e dalla casualità e l’unica legge possibile e sensata diverrebbe quella “del più forte”.
Senza Dio non avrebbe senso il concetto del bene e del male.
Riassumendo:
• il male è la mancanza di un bene dovuto;
• il male assoluto, il male puro, o un dio del male non esistono. Il male non può esistere autonomamente come se fosse un’entità a sé. Il male ha sempre bisogno di “qualcuno” all’interno del quale potersi determinare;
• il male – come pure il bene – non è un concetto astratto, soggettivo o suscettibile di interpretazioni. Il male – come pure il bene – sono concetti oggettivi, perché è Dio a garantire la loro oggettività;
• se non si è disposti a riconosce l’esistenza di Dio – o almeno il concetto di un dio infinito e onnipotente che con la ragione, da un punto di vista “filosofico”, può essere accettato anche da un ateo – il male e il bene perdono ogni significato, diventano opinabili e tutto, a questo mondo, perde di senso.
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